Il secolo autoritario by Paolo Mieli
autore:Paolo Mieli [Mieli, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: RIZZOLI LIBRI
pubblicato: 2023-08-03T12:00:00+00:00
Schiavi africani alla corte dei papi
Se la «cancel culture» impone di considerare autoritaria (e soprattutto riprovevole) una società che abbia considerato legittima la schiavitù, va detto che anche i papi ebbero degli schiavi. Pur se la loro storia è molto, molto particolare. Una ventina di anni fa, Salvatore Bono â in Schiavi musulmani nellâItalia moderna. Galeotti, vuâ cumprà , domestici â ha prodotto uno squarcio in una storia fino a quel momento «taciuta». Sulla base di una documentazione ineccepibile, Bono ha raccontato come lâItalia, prima di diventare uno Stato unitario, conobbe â e a lungo â la schiavitù. Come accadde in gran parte del continente europeo. Dapprincipio in Europa solo una piccola percentuale di schiavi fu di provenienza africana. La maggioranza di loro veniva dal Mediterraneo orientale, dai Balcani, dalla Russia, dai Paesi slavi e dallâAsia Centrale. Una storia che potremmo definire di «schiavitù bianca». Il primo carico di schiavi neri arrivò a Lagos in Portogallo nel 1444 (mancavano quarantotto anni alla scoperta dellâAmerica). Lisbona fu a lungo la città europea che ebbe il più alto tasso di presenza di africani. Presenza che, in età moderna, si stabilizzò su un dieci per cento di popolazione nera. In Spagna, a fine Quattrocento, ci fu qualcosa di analogo (anche se in proporzioni minori). Con lâaggiunta degli schiavi musulmani di cui si occupava specificamente il libro di Bono. In seguito, per via del dominio spagnolo su buona parte della penisola, anche la futura Italia accolse schiavi di origine africana. Accadde in particolare tra il XVI e il XVII secolo, allorché, attraverso la mediazione degli stati maghrebini costieri â Algeria, Tunisia, Libia che li catturavano nel centro dellâAfrica e li smistavano in direzione dellâimpero ottomano e del nostro continente â la nostra penisola arrivò a «impiegare» tra i cinquanta e i centomila schiavi. Ai neri si aggiunse un numero cospicuo di musulmani catturati nel corso delle guerre europee contro lâimpero ottomano. Napoli divenne uno dei più importanti centri schiavistici del Mediterraneo. La stessa Napoli nel 1661 arrivò a contare oltre ventimila lavoratori in cattività . Poi fu la volta di Livorno. Infine Civitavecchia, il cui porto ospitava la flotta della Chiesa romana. Da Civitavecchia â scrive Marina Caffiero nellâinteressantissimo Gli schiavi del papa. Conversione e libertà dei musulmani a Roma in età moderna â molti africani e arabi musulmani vennero portati a Roma. Dove divenne man mano sempre più consistente «il numero degli schiavi privati, domestici, sparsi tra corte pontificia e palazzi di aristocratici, prelati, ambasciatori». Ancora allâinizio del diciannovesimo secolo, venivano «registrati» a Roma schiavi musulmani. Ben oltre i tempi dellâabolizione della schiavitù decisa nel corso della Rivoluzione francese. Da noi nei primi decenni dellâOttocento la schiavitù era praticata ancora da «gran parte degli Stati italiani». In particolare, a Roma essa «ebbe una lunga vita». Anche «più lunga che in altri Stati». Addirittura, fino a metà Ottocento.
La città dei papi aveva alle spalle una lunga storia di grande considerazione nei confronti dellâAfrica. Qui però non stiamo parlando di schiavi. I primi cinque africani giunsero a Roma nel 1404 inviati dallâimperatore dâEtiopia Däwit I.
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